Esattamente oggi sono trascorsi 10 anni dalla scomparsa di Marco Simoncelli. Un lasso di tempo misurabile come eternità. Eppure sembra ieri.
Quella domenica mattina appariva come una normale domenica mattina.
Sveglia presto – perché si corre in Malesia e lì sono 6 ore avanti rispetto l’Italia – ci si accomoda sul divano in pigiama, televisione accesa in un battibaleno e via allo spettacolo.
La classica routine, insomma, per chi è affetto dalla sindrome del motorsport e non conosce (o fa finta di non conoscere) la differenza tra il giorno e la notte quando ci sono di mezzo le gare.
23 OTTOBRE 2011
Il 23 ottobre 2011, però, non fu una giornata come tutte le altre.
Marco, romagnolo dai riccioli angelici, ragazzo d’oro e talento prezioso, perde il controllo della sua Honda alla curva undici, mentre è in corso il secondo giro. La traiettoria maledetta lo porta verso il centro del tracciato, mentre in concomitanza giungono a velocità supersoniche Colin e l’amico-fratello di una vita intera, Valentino.
Questione di attimi, istanti: poi, la luce si spegne.
Il casco che vola dopo l’impatto, il corpo esanime riverso per terra. Il mondo resta attonito a guardare, in assoluto silenzio, tra paura e incredulità: non ce ne si rende quasi conto.
Si inizia a pregare, a sperare nel miracolo della salvezza di quel dolce ragazzo di soli 24 anni.
Miracolo che, purtroppo, non accadrà.
SIMONCELLI OGGI
Sic non c’è più.
Ma soltanto fisicamente.
Sì, perché il 58 continua a respirare nella quotidianità della gente, nell’amore infinito di Kate, Martina, mamma Rossella e papà Paolo. Nella comunità fondata a Coriano per aiutare i più sfortunati e nel team con cui il suo coraggioso babbo, ultimo a baciarlo prima dell’imbarco verso il Paradiso, ha voluto riportarlo in pista.
Dieci anni fa, non abbiamo assistito alla morte di un uomo, di un pilota. Bensì, siamo stati testimoni – tutti – della nascita di una leggenda.
Il mito di Marco Simoncelli.