#Accatania- Ma chi su fatti d’oro?

Nel XIX secolo migliaia di lavoratori europei stanchi della tipica vita post rivoluzione industriale, monotona e piena di privazioni, decisero di dare una svolta alla propria esistenza cercando fortuna in America. Molti di questi furono incoraggiati dalle leggende sull’El Dorado e dalla convinzione di poter trovare, nei letti dei fiumi o nei grandi canyon del nuovo mondo, quantità d’oro tali da renderli ricchi sfondati.

#Accatania l’unico metallo prezioso che si trova ancora in giro è quello delle catenine da scippare, ma ormai da qualche tempo scarseggiano anche quelle…a parte che ‘ndo coddu dei mitologici mammoriani dai capiddi a suppera, che però per ovvi motivi è meglio non disturbare troppo. Mutatis mutandis, tuttavia, in città si sta vivendo una nuova mitica febbre dell’oro…solo che stavolta, i moderni avventurieri, al posto delle pepite di giallo metallo ricercano spasmodicamente i fanali delle Smart

Proprio così, pare che appena si vede in giro una di queste auto non si riesca a resistere: quei fari s’anu a smuntari e s’anu a futtiri seduta stante. Se per caso t’avventuri a lasciare la macchina incustodita per dieci minuti, infatti, i novelli cercatori d’oro spuntano dal nulla e, cacciavite alla mano, i smuntunu lesti lesti ca mancu i meccanici della Ferrari a Monza. Ormai vedere una piccola due posti con tutti e quattro i fari saldamente incastonati nella carrozzeria è una cosa quasi impossibile e i bambini infatti la guardano stupiti come se vedessero un unicorno:

«Uopà, chi è da buatta cu di cosi russi d’arreri?!»

«Kevinni o papà, si ‘n picciriddu futtunatu e un giorno potrai raccontare ai to niputi ca ni viristi una. Si chiama Smart e na vota era na bella scatuletta, ma uora senza puttusi d’arreri non si ni trovunu chiù! Chista starà pattecipannu a quacchi mostra di cosi antichi.»

E il fenomeno è così diffuso e normalizzato che ormai si è esteso ad altri tipi di auto: Jeep Renegade, Toyota Yaris e, porca miseria, anche Lancia Ypsilon…ca mi siddia assai picchì n’haiu una unni già si futtenu antenna e fregio. Picchì #accatania semu accussì: i cosi stotti vengono sempre immediatamente emulate…ne facciamo un punto d’onere!

Ora, io dico…non essendo fatti d’oro, picchì sti fanali si futtunu in continuazione? Evidentemente per rivenderli. E a chi li rivendono? Evidentemente a chi li compra. E chi li compra? Evidentemente quacchi strunzu a cui a sua volta li hanno rubati. E così si finisce in una spirale infinita di futti futti generale nella quale si ricerca sempre e solo il proprio vantaggio immediato, senza minimamente pensare se questo possa cagionar danno agli altri componenti della comunità o, peggio ancora, alimentare il malaffare.

Davanti a qualcuno che ci dice: «tu pozzu procurari a metà prezzo», infatti, non ci poniamo alcuna domanda o, meglio, non ci interessa conoscere alcuna risposta. Anzi, appoi na vantamu (“spacchiamu” in slang indigeno NdR) cu l’autri, picchì canuscemu a unu ca ni po truvari i cosi ca ni sevvunu facennule custari picca e che per l’occasione assurge al titolo onorifico di “n’amicu me”…cosa che ci fa sentire ancora più importanti, potendoci fregiare di conoscenze tanto importanti e altolocate. 

E così si va avanti senza soluzione di continuità, tra la rabbia per un furto subìto ed il vanto per aver risolto il problema grazie agli amici degli amici. Praticamente è la sublimazione made in Catania della tanto acclamata economia circolare: mi futtunu e ju futtu all’autri, chi mi ni futti?

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