“Abbiamo chiesto un incontro urgente all’Assessore Razza per valutare i margini di disponibilità alla modifica dei decreti per assicurare concorrenza e qualità dei servizi. In caso contrario saremo costretti a conferire ai nostri legali il mandato di ricorrere, insieme alle nostre associate, tanto alla giustizia amministrativa quanto all’Autorità Nazionale Anticorruzione ed all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. I decreti emanati generano infatti a nostro avviso un effetto negativo tanto sulle imprese locali quanto sugli utenti. Le scelte adottate infatti non solo limitano ingiustificatamente la possibilità di partecipazione a pochissimi player, escludendo anche le eccellenze dell’imprenditoria locale, ma sono contrarie anche ai principi stessi dell’ADI, che doveva garantire ‘prossimità di servizio e libertà di scelta agli utenti. Opportunità oggettivamente negate da un sistema che nei fatti risulterà oligopolistico”.
E’ questa la posizione di Confcooperative Sicilia rispetto al decreto dell’Assessore alla Sanità siciliana che definisce i criteri per l’erogazione delle prestazioni in ADI.
“Eppure – aggiunge Confcooperative – la storia recente dell’ADI era iniziata sotto i migliori auspici il 12 giugno 2019, quando l’assessore Razza, con la circolare n.8, stabiliva l’entrata in vigore, entro 180 giorni, di un nuovo modello che abbandonava il sistema delle gare al massimo ribasso per sposare quello dell’accreditamento di soggetti qualificati dando appunto agli utenti libertà di scelta del fornitore dei servizi.
Un nuovo sistema finalizzato quindi a rispondere meglio a criteri di efficienza, efficacia e qualità del servizio agli utenti.
Di giorni ne sono invece passati quasi 800 per arrivare ai decreti del 3 settembre 2021 che appunto rappresentano la negazione di quei principi e danneggiano l’imprenditoria sana del territorio.
E ciò nonostante il confronto costruttivo che abbiamo sempre garantito al Governo regionale e l’impegno della VI Commissione “Salute, Servizi Sociali e Sanitari” all’Assemblea Regionale, che è più volte intervenuta per chiedere maggiore apertura per garantire effettiva concorrenza e la conseguente qualità all’utenza.
Malgrado tutto ciò si è voluto perseguire con pervicacia un sistema che certamente non favorirà l’utenza, la quale avrà un ridottissimo potere di scelta in quanto i player saranno pochissimi, che non stimolerà l’innalzamento della qualità dei servizi, perché sarà molto ipotetica la reale concorrenza dato il ridotto numero di operatori, che non determinerà condizioni di risparmio.
L’esperienza della pandemia indica quella delle cure domiciliari come la strada più efficace da percorrere. Ed è per questo che alcune regioni, come ad esempio il Lazio, hanno allargato la platea dei player accreditati per l’assistenza domiciliare, proprio per la sopraggiunta consapevolezza che in futuro bisognerà ricorrere sempre di più all’assistenza territoriale piuttosto che a quella ospedaliera. In Sicilia, ancora una volta, anziché andare incontro al futuro corriamo indietro verso il passato. Il peggiore passato.”
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