VIDEO – Bancarotta fraudolenta per 3 imprenditori siciliani

Bancarotta fraudolenta. E’ con questa accusa che i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina, all’esito di un’articolata indagine di polizia economico-finanziaria, diretta dalla Procura della Repubblica di Messina, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale peloritano. Sono stati disposti gli arresti di 3 imprenditori di origini siciliane, nonché il sequestro preventivo di una società e di provviste finanziarie. Il tutto per un valore complessivo superiore a 1,5 milioni di euro.

LA GENESI

Nel dettaglio, le complesse investigazioni sulla bancarotta, consistite in penetranti investigazioni contabili, accertamenti bancari, escussione di diverse persone a vario titolo informate sui fatti, oltre ad attività tipiche di polizia giudiziaria, corroborate da plurime attività tecniche di intercettazione, hanno trovato la loro genesi nel dissesto della N.C. s.r.l. di Messina. Quest’ultima è operante nel settore della fabbricazione di apparecchi per telecomunicazioni, ed è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Messina nel marzo 2017; così riscontrando, secondo ipotesi d’accusa, l’esistenza di un programmato modus operandi, finalizzato alla sistematica decozione di imprese appartenenti all’ampio e noto gruppo societario investigato, a beneficio di altre società in bonis.

Un gruppo di imprese che si è sviluppato nel tempo, a partire dai primi anni 2000, e costituito da numerose società operanti in svariati settori economici; dalla costruzione e gestione di alberghi e villaggi turistici nel settore luxury, alla ristorazione, allo sviluppo di attività pubblicitarie sino all’attività di trasporto aereo e marittimo.

I DETTAGLI

Più in particolare, gli specialisti del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Messina, che hanno preso in esame vicende societarie risalenti ad oltre un ventennio. In particolare hanno focalizzato l’attenzione investigativa su una singolare operazione economico-finanziaria, di circa 8 milioni di euro, attinente un credito vantato dalla fallita N.C. s.r.l. nei confronti di una sua società partecipata. Si tratta della AD N. s.r.l., attiva nell’ideazione di campagne pubblicitarie. Un credito, poi, svalutato in momenti successivi, risalenti al 2007 e 2014, con connesso incremento, ritenuto fittizio, del valore della partecipazione detenuta dalla fallita nella seconda società.

In altri termini, le indagini hanno consentito di ipotizzare, come l’operazione complessivamente intesa risultasse meramente strumentale, finalizzata ad occultare la perdita di esercizio che sarebbe dovuta scaturire dalla svalutazione del credito; di contro mostrando ai creditori una solidità e floridità patrimoniale ed economico – imprenditoriale della fallita N.C. s.r.l. di fatto inesistente.

Tali articolate operazioni di ingegneria finanziaria trovavano poi espressione all’interno dei bilanci delle società coinvolte, così connotandoli dall’esposizione di fatti non rispondenti al vero.

CONDOTTA RIPETUTA NEL TEMPO

Ma non solo. Analogo schema illecito è stato documentato anche rispetto ad un’ulteriore società, la M.G. s.r.l. di Melilli (SR), attiva nel settore turistico, pure partecipata dalla fallita N.C. s.r.l.. In questo caso sono emerse plurime cessioni di partecipazioni societarie e crediti, ritenute fittizie. Al fine di presentare alla business community una situazione patrimoniale non rispondente al vero, i responsabili hanno omesso di indicare in bilancio; alla voce concernente i debiti tributari e previdenziali, il reale ammontare del debito complessivo. Tra gli altri, in un caso iscrivendo solo 2,5 milioni di euro in luogo degli oltre 4 milioni di euro. In un altro caso addirittura omettendo di effettuare qualsiasi iscrizione rispetto ad una cartella esattoriale pari ad oltre 25 milioni di euro.

Nel momento in cui la fallita N.C. s.r.l. si trovava già in situazioni di marcata e conclamata sofferenza finanziaria, sono state effettuate ulteriori e numerosissime operazioni distrattive, senza alcuna garanzia di restituzione, a beneficio non solo della nominata AD N. s.r.l.; ma anche, tra le altre, di due distinte società appartenenti al medesimo gruppo societario. Queste ultime attive nel settore immobiliare, pure fallite negli anni 2015 e 2016. La P.I s.r.l. e la A.I. s.r.l., rispettivamente con sede a Siracusa e a Roma. Parimenti, con le medesime finalità, venivano appostate in bilancio, sempre secondo ipotesi d’accusa, anche passività inesistenti, riferibili ad un’ennesima società appartenente al medesimo gruppo, la Q. s.r.l. di Roma, attiva nel settore della costruzione di edifici.

INDAGINE COMPLESSA SU STRUTTURATO MECCANISMO DI BANCAROTTA

Un’indagine estremamente complessa e che ha permesso di far luce su uno strutturato e consolidato meccanismo di bancarotta; un sistema perpetrato, da oltre un ventennio, dal dominus R.A. classe ’62, oggi destinatario della custodia cautelare in carcere, di origini messinesi ma attivo anche sulle piazze di Roma e Milano, reale deus ex machina dell’ampio gruppo societario oggetto d’indagine. Un notissimo imprenditore del panorama siciliano e nazionale, in alcune cronache indicato, per pregresse vicende, come “il re delle 488”, per la sua capacità di saper ottenere fondi pubblici a favore di sue imprese. E che, nel corso degli anni, si è reso protagonista di plurimi fatti di bancarotta fraudolenta, correlabili ad entità patrimoniali di assoluto rilievo, relativi ad attività di impresa svolte con finalità non imprenditoriali; bensì secondo logiche distrattive improntate alla totale assenza di trasparenza. Ciò in danno dell’Erario e dei creditori.

Proprio sulla sua “lucida professionalità e scaltrezza” focalizzava l’attenzione il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Messina, sottolineando la convergenza indiziaria in ordine all’aver gestito “tramite prestanomi, esecutori delle sue direttive, una vasta e ramificata attività delittuosa. La stessa protrattasi nel tempo e caratterizzata dalla peculiare capacità di avvalersi di un numero rilevante di società; alcune delle quali in essere sul mercato”.

LE INTERCETTAZIONI

In tal senso, significative alcune interlocuzioni intercettate durante l’indagine per bancarotta in cui un ritenuto prestanome affermava, in maniera inequivocabile “…io ero amministratore…ma io non è […] non è che ho fatto l’amministratore mai, perché non ho nessun…nemmeno una lira io ho mai toccato, mai un soldo…”; analogamente terzi soggetti, sempre riferendosi al dominus R.A. cl. 62 “…molto probabilmente sta capendo che alla fine è lui che ha fatto sempre questi amministratori, queste cose e quindi pensava di rimanere indenne […]”…le cose sono sempre riconducibili a lui e che quindi lui comunque le sue rogne ce le avrà sempre […]”.

Sul punto, destinatari odierni della custodia cautelare ai domiciliari R.G. cl.55, fratello del dominus R.A. cl. 62, rintracciato a Milazzo, e O.C. cl. 51, individuato a Valguarnera Caropepe (EN), entrambi ritenuti mere teste di legno. 

Con il medesimo provvedimento, il Giudice del Tribunale di Messina, aderendo alla richiesta formulata dalla locale Procura, ha altresì disposto il sequestro della società AD N. s.r.l., con sede in Roma; nonché di provviste finanziarie pari a 1,5 milioni di euro, nei confronti di due distinte società, rispettivamente con sede in Roma e Modena ed attive nei settori della compravendita immobili e nella costruzioni di edifici, beneficiarie delle provviste finanziarie distratte dalla fallita N.C. s.r.l..

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