Sull’Agenda Rossa si indaga ancora e nelle ultime settimane ci sono state delle perquisizioni domiciliari: cosa sappiamo finora
Paese di santi, poeti, navigatori ma anche di stragisti rimasti impuniti, con vittime e familiari che aspettano ancora di conoscere la verità. Lunghe ombre e bugie che avvolgono l’Italia da decenni e che di tanto in tanto, grazie a rivelazioni piccole o grandi, provano e riproporre un fascio di luce per dare un giorno verità storica e giudiziaria.
L’Agenda rossa scomparsa dopo la strage: la foto
Tra i grandi e “ultimi” misteri d’Italia c’è quello dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, il giudice che con i colleghi Giovanni Falcone, Leonardo Guarnotta, Giuseppe Di Lello e successivamente Giacomo Conte, Gioacchino Natoli e Ignazio De Francisci, formò il pool di magistrati che istituì il maxiprocesso alla mafia. Borsellino fu ucciso il 19 luglio 1992 insieme alla propria scorsa.
A questa triste vicenda è legata la sparizione dell’agenda rossa che il magistrato aveva sempre con sé sul quale appuntava pensieri personali e professionali e che il giorno della strage sparì. Annotazioni avvenute soprattutto dopo la strage di Capaci di un mese prima.
Oggi la magistratura indaga ancora per capire chi prese la borsa di Borsellino con all’interno l’agenda e chi, nello Stato, con depistaggi e oscure manovre, remò contro la giustizia. Il primo sul quale si accesero i riflettori fu Giovanni Arcangioli, il carabiniere immortalato in una foto mentre si allontanava dal luogo della strage, ma lo scatto emerse solo nel 2005 quando Lorenzo Baldo, vicedirettore di antimafiaduemila.it segnalò alla Dia l’esistenza della foto. Qui l’articolo che ricostruisce il fatto. Arcangioli fu indagato per il furto e per falsa testimonianza ai pm: per il primo reato fu prosciolto definitivamente il 17 febbraio 2009 e per il secondo nel 2012.
Nelle ultime settimane ha fatto notizia quanto scoperto dal quotidiano la Repubblica, ossia l’esistenza di una relazione con la firma di Arnaldo La Barbera (morto nel 2002), capo della Squadra Mobile di Palermo e che guidò le indagini dopo la strage. In quel documento, datato 20 luglio, il giorno l’esplosione della bomba, ci sarebbe scritto che borsa e agenda di Borsellino sarebbero state consegnate all’allora procuratore capo di Caltanissetta, Giovanni Tinebra. Alla procura nissena, però, non risulta l’esistenza della relazione.
Secondo altri testimoni, la valigetta sarebbe rimasta all’interno dell’ufficio di La Barbera per vari giorni dopo la strage per poi finire nelle mani dei familiari dopo la sua morte. Per tale motivo a metà novembre scorso le case della vedova La Barbera e della figlia, fra Roma e Verona, sono state perquisite su disposizione della Procura di Caltanissetta. A fare tale rivelazione su quale sarebbe stato il percorso della borsa di Borsellino, sarebbe stato il padre di un’amica di Serena La Barbera, figlia dell’ex capo della Mobile.