Catania si sa, non è seconda a niente e nessuno. Non esiste sulla faccia della terra alcun luogo che per il catanese possa essere migliore e anche qualora per avventura ve ne fosse uno, ci metteremmo pochissimo ad imitarlo e superarlo.
Purtroppo però, a volte è madre natura a penalizzarci in maniera piuttosto evidente: per esempio seppure abbiamo una montagna dall’abbacinante bellezza, essa è solitaria, affascinantemente brulla, lunare, nera, non certo paragonabile – quantomeno nelle dimensioni – alle grandi catene montuose. Come possiamo quindi reggere il confronto con le meravigliose Dolomiti? Con la loro maestosa vastità? Con la loro disarmante biodiversità? Vuoi vedere che esiste qualcosa in cui non siamo i migliori? Avaja! Non può essere…
Deve essere per questo motivo che in città, negli anni, ci si è industriati per sopperire artificialmente a ciò di cui non siamo stati dotati naturalmente: da noi conchiglie e coralli non si sono trasformati in roccia carbonatica? Che importa? Possiamo benissimo sfruttare ciò che abbiamo in abbondanza…a munnizza!
Ed ecco che a Catania sono sorte vere e proprie catene montuose, massicci e colline di spazzatura. Enormi, sinuose e soprattutto densamente popolate: le Dolomiti sono il regno di stambecchi, cervi ed aquile? Beh, noi abbiamo suggi ca parunu liafanti e bratti cu l’ali ca parunu pterodattili! Ci vo tirari?
Un grande aiuto lo hanno dato anche gli abitanti dei paesi limitrofi, a cui ovviamente siamo tutti immensamente grati, che hanno voluto partecipare all’opera grandiosa che si stava realizzando senza farselo ripetere due volte. Così è stato estremamente facile trovare valorosi pendolari della munnizza: Barbaro di Paternò ca a jetta a Montepò, Kevinni di Gravina ca fa crisciri i muntagni di San Giovanni Galermo, Maicoll che da San Gregorio arriva finu all’Ognina e così via, tutti accomunati dal medesimo sogno: rendere Catania come il Trentino!
Ovviamente immaginiamo che a questo eccezionale risultato abbiano partecipato anche gli amministratori che negli anni si sono avvicendati, tuttavia notiamo come nella loro francescana modestia nessuno se ne sia intestato i risultati: Savvuccio dice che è merito di Enzuccio, Enzuccio dice che è merito di Savvuccio, mentre Nello pensa al coviddi che per il colera ancora c’è tempo…