Chi ricorda la conca siciliana? Antico strumento per riscaldarsi

C’era una volta a conca in Sicilia. I più giovani non lo ricorderanno o nemmeno sanno della sua esistenza, ma è un simbolo del passato siciliano. Ecco come funzionava

chi ricorda la conca siciliana?
Cos’era la conca sicilia a – CataniaLive24.it

Riscaldarsi oggi è semplicissimo: basta accendere i riscaldamenti e il gioco è fatto. Che si tratti di termosifoni o climatizzatori capaci di emettere anche aria calda in inverno, è questione di pochi minuti e la temperatura interna dell’ambiente già inizia a salire dando quel senso confortevole e di calore che fa subito dimenticare le insidie esterne tra vento, gelo e spesso anche neve.

Ma come si faceva un tempo quando tutto questo non c’era? I meno giovani lo ricorderanno bene. In un’epoca non così remota, infatti, c’era da una parte la semplicità e dall’altra l’ingegno a fare la differenza. Tecniche che oggi non sono nemmeno più lontanamente comprese, se non in casa di qualche anziano nostalgico. Tipo quella del braciere, recipiente metallico contenente carbone o legna bruciante che non solo emanava calore ma diventava il centro gravitazionale della vita familiare.

C’era una volta a conca in Sicilia…

ricordate la conca siciliana?
Cos’era la conca in Sicilia – CataniaLive24.it

Le persone si riunivano intorno ad esso, creando uno spazio di condivisione e connessione che oggi – per assurdo – è estremamente raro. Ognuno al suo posto al caldo col cellulare tra le mani e addio mondo. In passato, invece, il braciere non era solo un calorifero, ma un portatore di tradizione e ritualità. La sua presenza annunciava l’arrivo dell’inverno e le famiglie si radunavano per trascorrere serate intime, narrando storie o tempi andati.

Il Sicilia tale strumento aveva un nome in particolare: “a conca”, oppure in alternativa c’era la “cunculina” che era semplicemente un braciere di dimensioni più piccole. Questo oggetto veniva posto al centro di un contenitore più ampio noto come “cuncheri”, il quale aveva il un ruolo di mantenere il tepore domestico. Era riempito di carbonella ma non solo. Il “nuozzulu” anche era una scelta diffusa. Si tratta di una sostanza realizzata dalla carbonizzazione della sansa. Questo metodo non solo permetteva di emettere calore, ma in più portava con sé i profumi della lavorazione.

L’alternativa, chiamata “nuzzuliddu”, coinvolgeva la carbonizzazione delle bucce di mandorle, creando mucchi circolari all’aperto. Questo processo, sebbene più laborioso, aggiungeva un tocco di tradizione e naturalezza al riscaldamento domestico. In assenza di entrambi, c’era “u crauni stutatu”, ovvero la carbonella ottenuta a livello familiare da frasche e ramisteddi. Oggi, come detto, il braciere non c’è più. E’ diventato una reliquia del passato. Molti ce l’hanno anche a casa, ma solo come oggetto vintage. Un modo per non dimenticare un passato che ci ha resi quel che siamo.

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