Giornata di sciopero su tutto il territorio nazionale per i dipendenti della banca BNL.
I lavoratori, infatti, hanno deciso di esercitare i loro diritti e astenersi dalle rispettive mansioni per la prima volta dagli anni ’90.
Lo sciopero è stato proclamato ufficialmente il 15 dicembre, da tutte le organizzazioni sindacali del settore come Fabi, First, Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin.
Il motivo della protesta?
Dipendenti e sigle hanno deciso di protestare contro il piano di riorganizzazione varato dalla dalla banca del gruppo francese BNP Paribas.
Quest’ultima, infatti, ha previsto le esternalizzazioni di circa 90 dipendenti dell’IT e del back-office, su un totale di 11.500 addetti distribuiti tra uffici centrali e le oltre 700 agenzie BNL sparse sulla penisola.
Le esternalizzazioni, dunque, vanno a toccare l’8% circa dell’intera forza lavoro.
Ne derivano, di conseguenza, pesantissimi impatti sul fronte occupazionale con ricadute sul personale, chiusura di diversi punti o cessione del pacchetto di controllo di una società prodotto strategica come Axepta.
Nonchè la carenza di organico nelle filiali e ritardo nel numero delle assunzioni concordate negli accordi sindacali relativi alla Quota 100.
I sindacati, nelle scorse settimane, avevano tentato di conciliare con il colosso francese.
Tuttavia, non vi è stato nulla da fare, con le sigle che hanno comunicato lo stop formale al confronto con l’azienda il 23 dicembre.
Ai microfoni di Catania Live è intervenuto questa mattina sulla questione il dott. Francesco Napoli, sindacalista UILCA e Segretario Territoriale Coordinamento Sicilia per BNL.
“Lo sciopero è nato perchè l’azienda ha programmato la cessione di ramo d’azienda che coinvolge circa 1000 persone presso una società che è del gruppo di Accenture – le parole di Napoli – in cui è stata creata una nuova società per acquisire questi nuovi colleghi. Naturalmente non si sono raggiunti gli accordi per la tutela di quest’ultimi. L’azienda non vuol proprio saperne, vuole andare avanti per quanto riguarda la cessione: una cessione che noi non vogliamo assolutamente venga fatta“.
“Le trattative tra noi e l’azienda non si sono concluse con una soluzione condivisa. Tante erano state le nostre proposte, mai accettate, come la possibilità di effettuare dei distacchi nei confronti dei colleghi, ma si è arrivati alla rottura. L’azienda come detto vuole andare avanti per la sua strada e noi abbiamo deciso di fare queste manifestazioni di protesta. Con la BNL ci sono stati dei contatti, ma non ci sono delle possibilità di tornare indietro da parte dell’azienda o rinegoziare: non ci sono nè piccoli nè ampi spazi di manovra perchè bisogna fare come dice l’azienda“.
“La situazione è abbastanza, rigida, dura, di stallo. Non so cosa accadrà per il futuro: se l’azienda tornerà a sedersi al tavolo e rinegoziare col movimento sindacale vedremo. La cessione del ramo d’azienda è un diritto che la legge dà al datore di lavoro, ma un conto è farla in maniera arbitraria e un altro in maniera condivisa. Per ora, ribadisco, la loro posizione è stata ferma e integerrima. La nostra protesta ha riguardato tutti i punti BNL d’Italia: tra l’altro nella zona di Catania, Ragusa, Siracusa, Palermo e Messina ci sono tantissime agenzie chiuse e oltre l’80% di adesioni”.
“Un’azienda che sta chiudendo 135 agenzie e vuole trasformarsi in un’azienda virtuale, una banca online, abbandonando i canali tradizionali, non fa altro che creare disoccupazione e ha un impatto sull’occupazione molto forte. BNL è un azienda che gode di buona salute, va bene, non è un’azienda in difficoltà finanziaria come altre banche.”
“In un’azienda che fa utili, che non può avere momenti di espansione verso il mercato e non può avere riduzione di costi, l’unico modo per poter far cassa – quindi ridurre i costi e aumentare ancor più gli utili – è quello di ridurre il personale”.
“Questa situazione va avanti da circa 6 mesi – conclude Francesco Napoli – ufficialmente da settembre, ma i rumors andavano avanti da circa 6 mesi. Per adesso, ribadisco, viviamo una situazione di stallo. Io spero che l’azienda si risieda al tavolo con i sindacati per trovare una soluzione condivisa: è l’unico motivo che può dare maggiore tutela ai colleghi inseriti in questo nuovo progetto. Noi non vogliamo che la cessione sia effettuata, ma che si trovino della soluzioni diverse. A loro, però, interessa soltanto aumentare l’utile: chi ci va di mezzo, purtroppo, sono sempre i lavoratori“.
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