Incidenti stradali: la chiamata al 118 non ha valore probatorio

Le dichiarazioni rese durante la chiamata al 118 non hanno valore confessorio in merito alla dinamica del sinistro.

La vicenda, risalente al 2014, riguarda il caso di una signora investita durante un attraversamento sulle strisce pedonali.

In seguito al sinistro la vittima riportava significativi postumi invalidanti.

La Compagnia assicurativa dell’automobilista, tuttavia, negava ogni ipotesi di risarcimento.

In quanto, a suo dire, la dinamica del sinistro sarebbe sconfessata dai verbali del 118.

Secondo la Compagnia, infatti, nel corso della chiamata alla Centrale Operativa del 118 al centralinista sarebbe stato riferito di una caduta accidentale.

La signora, quindi, assistita dagli avvocati Luigi Randazzo e Antonio Garozzo dello Studio Gierrelex, del Foro di Catania, si è vista costretta ad adire la Compagnia assicurativa in giudizio innanzi al Tribunale di Palermo.

Al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni, sia patrimoniali che non.

La Compagnia assicurativa si costituiva insistendo sulle proprie posizioni.

Previa ampia e complessa istruzione probatoria, il Tribunale di Palermo, con sentenza del 03/02/2022, in accoglimento integrale delle argomentazioni e deduzioni formulate dagli avvocati Luigi Randazzo e Antonio Garozzo, ha riconosciuto il diritto della signora al risarcimento dei danni subiti.

Secondo il Tribunale di Palermo a nulla possono rilevare le dichiarazioni rese dal soggetto che, per primo, ha contatto il 118 nella concitazione e agitazione del momento.

Ciò che rileva è, invece, il contenuto del verbale di P.S.

In seno al quale veniva effettivamente riportato che la causa del trauma era “per riferito incidente della strada auto-pedone”.

In accoglimento dell’orientamento giurisprudenziale maggioritario, secondo il Giudice, il verbale e le certificazioni mediche rilasciate dai medici del Pronto Soccorso rivestono la natura di atti pubblici.

E fanno piena prova fino a querela di falso, ai sensi dell’art. 2700 c.c., sia della provenienza dal pubblico ufficiale che lo ha firmato sia delle dichiarazioni al medesimo rese.

Nonché degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.

In assenza di querela di falso da parte della Compagnia in danno del medico certificatore, deve ritenersi che le dichiarazioni riportate nel certificato le abbia rilasciate proprio il danneggiato.

E che il loro contenuto sia quello verbalizzato (Cass. Civ., ord. sez. VI, n. 16030/20).

Quanto alla quantificazione del danno, la Compagnia ha subito la condanna a risarcire il danno non patrimoniale.

Consistente nel danno biologico e in quello morale effettivamente patiti.

Liquidato secondo le Tabelle di Milano, su cui vanno poi calcolati, al tasso legale e con decorrenza dalla data del sinistro (12.07.14).

Commisurandoli alla somma medesima previamente devalutata e poi rivalutata di anno in anno, gli interessi compensativi, a ristoro del cd. “danno da ritardo”.

La Compagnia è stata, infine, condannata al pagamento delle spese legali.

“Verbale del PS supera quello del 118”

L’avv. Luigi Randazzo esprime la propria soddisfazione per questa sentenza in quanto “la decisione ha correttamente tenuto conto delle circostanze specifiche del caso concreto, ovvero di urgenza e agitazione, affermando che, pur rivestendo il verbale redatto dall’operatore del 118 la natura di atto pubblico fidefacente, questo sarebbe superato dal verbale di pronto soccorso redatto successivamente sulla base delle dichiarazioni rese dallo stesso paziente.”

La parte condannata non presenterà ricorso in Appello contro la sentenza.

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