In questa città tutti abbiamo dei ricordi legati accacciocatania e, chi più chi meno, tutti ne abbiamo seguito le alterne vicende: qualcuno innamorandosene e trovandoci dei motivi per gioire, altri semplicemente accodandosi alla moda per poi stancarsene presto. Ma diciamo la verità, non c’è nessuno che non abbia esclamato almeno una volta: “fozza Catania!”
I miei primi sbiaditissimi frame risalgono alla promozione dell’83, alla bandiera rossazzurra cucita da mia madre e a me, piccolissimo, che facendola sventolare a fici abbulari dal finestrino. Ricordo che ci rimasi come un minchione, nicu nicu, ma pur sempre un minchione. L’anno successivo fu quello della serie A, dei record al contrario e dei brasiliani Luvanor e Pedrinho, ca manco Oronzo Canà l’avissa accattati.
Seguì poi un lento declino, culminato con la radiazione illegittima e la ripartenza dall’Eccellenza. Furono anni bui, da cui uscimmo con un gran colpo di testa di Manca contro il Messina, che in quel lontano 25 aprile del 1999 fece finalmente saltare di gioia il Cibali. C’ero pure io a esultare e c’era pure mio padre, che chissà come mai avevo convinto a venire. Quello fu l’interruttore che mi fece tornare la passione e che mi portò ad assistere a tutti i grandi momenti della cavalcata che ci fece raggiungere la Serie A. Dal goal di Fini contro il Taranto sotto la curva sud, agli anni folli dei Gaucci e, infine, al grande Catania di Marino che dominò la serie B in una stagione fatta di momenti indimenticabili: il Mantova schiantato 3-0 nel freddo di un marzo polare, il Piacenza rimontato in zona Cesarini e il goal di Del Core contro l’Albinoleffe, che fece impazzire una città intera. Era il 28 maggio 2006 e ci scoprimmo tutti catanisti: in quei colori vedevamo il riscatto di un popolo troppo spesso perdente, ancora una volta in ginocchio, ma quel giorno solo per esultare e con le braccia ben drizzate verso il cielo.
Personalmente, mi allontanai dalla squadra e in qualche modo me ne disinnamorai dopo il tragico derby col Palermo del febbraio 2007, vedere quella follia mi lasciò basito e inorridito. Per me non fu più lo stesso, continuai sporadicamente a frequentare lo stadio e a soffrire e gioire per il Catania, ma fu comunque il trascinarsi di un amore ormai logoro. Certo, m’arricriai a pigghiari po culu i miei amici Palermitani quannu alla Favorita Mascarinho signò da so casa, ho festeggiato le permanenze in serie A e l’ottavo posto, ma non era più la stessa cosa.
Al di là della mia personale vicenda non posso non constatare, però, come questa città sia visceralmente legata alla sua squadra: ricordo con malinconico affetto Saru ca accumincau a puttari o stadio so figghiu Mattia quannu era picciriddittu; Santi e Savvucciu ca, in Eccellenza o in serie A, n’anu mancatu mai; Jangelo ca u lunedì parrava sulu di chistu; Andrea ca c’avi tutti i completini dal paleozoico ad oggi, anche se i primi i cattau a fera quannu soddi n’aveva picca. E poi non posso non pensare a Kevinni ca vinneva lumìa co sali in tribuna B e che sperava d’addivintari Ministru degli Esteri, a Chistian ca faceva u posteggiaturi abusivo o viale Fleming, e a du puureddu ca si visteva di liotru a bordocampo…che fine faranno ora?
È la nostra storia e lo specchio di quello che Catania è stata, ha sperato di essere e non è riuscita a diventare. È l’illusione di potercela fare, il sudore e la fatica, ma anche la spirtizza e l’arroganza. E’ l’ “Alè Vulcano” e lo “stamu abbulannu”. È il risultato delle nostre contraddizioni e di un declino che purtroppo sembra ineluttabile, di una città che pian piano è scivolata in serie B e poi in C, illudendosi spocchiosamente di essere da Champions League. Abbiamo visto passare appassionati, avventurieri e delinquenti, abbiamo creduto alle loro promesse, salvo poi sentirle rimbombare nel freddo delle aule di tribunale. E devo dire che provo una profonda tristezza nel pensare che noi “eravamo” iccacciocatania e che ora non sappiamo più cosa siamo, tra il ciò che è stato e quello che sarebbe potuto essere…
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E ANCORA Agghiacibbonaccorsi non siamo #accatania