Il Catania è stato ucciso due volte, anzi tre. Il 22 dicembre 2021 e il 9 aprile 2022, ma forse anche il 23 luglio 2020 quando molti pensavano di averlo salvato. Non è dietrologia, sono fatti. Il day after della cessazione dell’esercizio provvisorio e del conseguente cancellamento del Catania dal campionato, è denso di riflessioni. E sono tutte amare.
Rimbalza prepotente sui social quel “melior de cinere surgo” che ai catanesi sembra dare la forza, quando le cose vanno male, quando succede qualcosa di brutto. E per i catanesi perdere la propria squadra è qualcosa di brutto. E’ giusto, è doveroso provare ad andare avanti. Ma prima, prima di tutto, chi ha sbagliato paghi.
Abbiamo pianto il Catania due volte. Quando abbiamo perso la matricola e quando l’hanno cancellato dalla classifica e dal campionato. Non c’era riuscito mai nessuno, nemmeno quando lo avevano radiato negli anni 90 per poi riportarlo in vita.
Adesso ci sono riusciti. E gli artefici di questo scempio devono avere il coraggio di prendersi le proprie responsabilità. E se non lo dovessero fare da soli, qualcuno, che ne ha il potere, deve costringerli.
Ci sono le responsabilità di lungo corso, legate alla gestione Pulvirenti, o comunque all’ultimo segmento, quello della minestra riscaldata Lo Monaco. Sugli ultimi anni c’è molto da dire: sugli errori clamorosi commessi e sui torti, altrettanto clamorosi, subiti. Se Balata e company, infatti, non avessero bloccato il ripescaggio del Catania in serie B, oggi, verosimilmente, non saremo qui a leccarci le ferite. L’inizio della fine? Probabilmente. Da li in poi l’assoluto delirio.
Delirio di scelte, delirio di onnipotenza di chi, senza nessuna competenza, ha pensato di ergersi a salvatore della patria. Uno sfacelo totale. La torre di babele della Sigi ha dato il colpo di grazia ad un paziente sofferente che, però, poteva ancora riprendersi.
Un disastro che difficilmente dimenticheremo. Sfoggio di tracotanza e presunzione di alcuni a discapito di altri che poi, giustamente, hanno cambiato rotta. Eccola l’onnipotenza. Ma non nel suo significato profondo e religioso. L’onnipotenza nella sua valenza peggiore: quella di chi è convinto di sapere e poter fare tutto e invece non sa fare nulla.
Chi ha sbagliato dovrà pagare. Si perché prima di risorgere, di ripartire e di tornare a gioire per un gol, bisogna essere certi che gli artefici del disastro non abbiano più alcuna possibilità di crearne altri, anche peggiori.
Toccherà alla magistratura in prima battuta e poi al sindaco, o a chi per lui, vigilare perché il passato non ritorni ad infangare il futuro prima che questo possa compiersi. Il nuovo Catania dovrà essere vergine, bello e puro come un bambino appena nato. Solo così risorgeremo dalle ceneri.