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#accatania# Dopo il lato b, tutto il resto

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Fabrizio Ventura

Sì d’accordo, Catania è bella, molto bella. Ma dobbiamo essere onesti, a dispetto di quello che pensa l’ottanta percento dei suoi abitanti ci sono città più curate, affascinanti e ricche di storia e arte. Catania è bella, ma non la più bella come i catanesi spesso affermano dando più retta al cuore che alla testa. La nostra città può vantare un barocco meraviglioso e un bel mare, che spesso sono in grado di lasciare a bocca aperta i visitatori, ma probabilmente non sono sufficienti per strappare il cuore dal petto e rapirlo per sempre. Esiste solo una cosa che abbiamo ed è unica al mondo, dalla bellezza abbacinante e in grado di regalare emozioni indimenticabili, inimitabile commistione dei quattro elementi, intreccio tra storia e natura: l’Etna. La fucina di Efesto, che insieme ai ciclopi vi forgiava le saette di Zeus, origine di miti e leggende, testimone del mondo che fu e protagonista di quello che è e che sarà. L’Etna è la nostra più grande ricchezza e lo sappiamo davvero molto bene visto che sino ad ora ci siamo fatti con estrema soddisfazione tutto il suo lato B, oltre che il C e il D…

Non tutti sanno infatti che l’Etna si divide nei settori A-B-C-D, determinati in base all’entità delle emergenze naturalistiche che li caratterizzano e da cui scaturiscono divieti via via meno stringenti man mano che queste diventano meno impellenti. In particolare, sino ad oggi, i catanesi e il turismo selvaggio hanno già conquistato tre di queste zone, trasformando “a Muntagna” in un bordello a cielo aperto: strade convertite in piste da improvvisati motociclisti, ca su non si fanu sentiri affinu a Mascalucia non su cuntenti; squadre di quad ca parunu sciami di lapuni ca trasunu e nesciunu dai boschi; macchine posteggiate unni è ghiè; allegre famigliole che banchettano arrustennu sasizza e canni i cavaddu, ca mancu a via Plebiscito; picciriddi ca jocunu a palluni e s’assicutunu pigghiannusi a coppi i lignu; lavatrici e friggiteri a tutti i gnuni, ca paremu ni Bruno per il black friday.

L’unico che ha retto alle invasioni barbariche è il settore A, paradiso di nibbi, poiane e addirittura aquile reali. Per preservarne la natura incontaminata è fatto divieto non solo di realizzare nuove costruzioni, ma addirittura di prelevare terra e altri materiali, raccogliere e manomettere rocce, accendere fuochi e introdurre veicoli motorizzati. O almeno così è stato sino ad ora, perché è notizia recente che i sindaci dei comuni di Maletto e Bronte hanno ottenuto dall’Ente Parco dell’Etna il permesso per farvi transitare tre bus turistici al giorno. Ritenendo tale autorizzazione illegittima, le associazioni ambientaliste e di categoria hanno però prontamente presentato ricorso al TAR, terrorizzate dal pericolo che il turismo di massa, magari allargato ancora qualora altri comuni richiedessero autorizzazioni simili, possa essere esiziale per l’unico scorcio di natura incontaminata che ancora sopravvive nella provincia Etnea.

Foto di Walter Contarino

Apriti cielo! Il sindaco di Bronte, Pino Firrarello, dall’alto dei suoi centoquattordici anni di attività politica al servizio della comunità, ha sbottando dicendo “basta ai veti ché i proprietari del territorio sono i comuni!”

Sommessamente mi permetto di far presente al buon Pino che le comunità umane non sono proprietarie del territorio ma se ne sono appropriate, che è cosa ben diversa. Le montagne, le valli, le pianure, i fiumi, i mari, esistevano prima dell’uomo ed esisteranno dopo. Noi ci siamo impossessati della natura con la prepotenza, l’abbiamo soggiogata e l’abbiamo stuprata, arrogandoci il diritto di disporre di essa con l’unica cosa che fa andare avanti il mondo: la forza. Chi lo dice che proprietario dell’Etna sia il comune di Bronte e non l’aquila reale che vi ha fatto il suo nido da secoli?

Onestamente non so se davvero i previsti centoventi turisti al giorno – almeno sino a quando l’autorizzazione non sarà estesa ad altri comuni limitrofi – arrecheranno nocumento al territorio che giocoforza sarà costretto ad accoglierli. Tuttavia, se penso a bus che calpestano quei luoghi e a portiere che si aprono per far scendere persone di ogni tipo, a picciriddi ca chianciunu picchì hanu fami, a Sciantalli ca sa fari a fotu ca funcia a ventosa, a Kevinni ca scippa un ramo p’appuggiarisi, a Maicoll ca jetta u fazzullettu nderra, io onestamente rabbrividisco…con buona pace dei presunti proprietari dell’Etna…

Fabrizio Ventura

Si laurea in Economia all'Università di Catania grazie a diverse raccomandazioni e al ricorso sistematico al Cepu. Riesce ad entrare in banca copiando spudoratamente ai test di assunzione, ma si accorge presto che quella non può essere la sua strada. Si butta allora a capofitto nello studio, riuscendo a conseguire diverse lauree presso l'Università della Vita: scienze politiche, giurisprudenza, ingegneria civile, lettere e recentemente medicina con specializzazione in virologia. Consapevole che il suo futuro è nel reddito di cittadinanza, decide di togliere tempo al lavoro da bancario per dedicarlo alla scrittura: al suo attivo centinaia di post su Feisbùkk, la rubrica #accatania su Catania Live 24 e un romanzo che prima o poi qualcuno mosso a compassione deciderà di pubblicare.

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